
Gli Oneri Figurativi (o Costi Figurativi) ai fini della Redditività Aziendale
In questo post parleremo degli oneri figurativi (o costi figurativi) e della loro importanza ai fini del corretto calcolo della redditività aziendale. I bilanci fiscali da soli non sempre bastano.. vediamo perchè. #onerifigurativi #costifigurativi
Cosa sogno gli oneri figurativi (o costi figurativi)?
Si chiamano oneri figurativi tutti quei costi che bisogna tenere in considerazione quando si vuole conoscere la reale redditività di un’azienda. Essi hanno rilevanza sul piano gestionale, ma non dal punto di vista amministrativo e fiscale.
Gli oneri figurativi (o costi figurativi) sono una sorta di “costi virtuali”
Gli oneri figurativi si hanno quindi quando un’azienda utilizza beni e risorse senza generare un costo dal punto di vista delle scritture contabili e senza nemmeno avere delle uscite finanziarie.
Essendo però questi beni utilizzati, occorre tenerne conto per calcolare in modo corretto la redditività dell’azienda, altrimenti si rischia di avere una rappresentazione distorta e sovrastimata della stessa.
Esempi di Oneri Figurativi:
- Il compenso che spetta all’imprenditore o ai soci qualora essi prestino la propria opera all’interno dell’azienda;
- L’utilizzo di beni mobili e immobili completamente ammortizzati, ma nei fatti ancora utilizzabili;
- L’utilizzo di macchinari e attrezzature completamente ammortizzati, ma nei fatti ancora utilizzabili;
- l’interesse di computo, ovvero l’interesse sul capitale conferito dai soci;
- altri costi relativi a beni messi a disposizione dell’azienda dall’imprenditore o dai soci (es. fitto figurativo di un ufficio o di un capannone, ecc.).
Il costo economico-tecnico
Sommando al costo complessivo della produzione questi oneri figurativi si ottiene quello che viene definito “costo economico-tecnico” e che rappresenta la base imprescindibile per poter calcolare le reali performance economiche dell’azienda.
Quando un’azienda è realmente profittevole?
Gli oneri figurativi elencati non sono dei costi effettivi dell’impresa, pertanto l’imprenditore non ne tiene conto nel calcolo del reddito conseguito dalla sua impresa.
L’imprenditore conseguirà un profitto che va a remunerare la funzione imprenditoriale vera e propria (ovvero l’attività di coordinamento dei fattori produttivi svolta e l’assunzione del rischio di impresa), soltanto se il profitto conseguito dall’impresa è tale da coprire anche i costi figurativi dell’impresa stessa.
Solamente se il profitto conseguito dall’impresa è tale da coprire sia lo stipendio direzionale che l’interesse di computo, l’imprenditore conseguirà un profitto che va a remunerare la funzione imprenditoriale vera e propria, cioè l’attività di coordinamento dei fattori produttivi svolta e l’assunzione del rischio di impresa.
Qualora ciò non avvenisse, l’Imprenditore dovrebbe porsi un pò di domande sulla propria azienda.
Quando è opportuno considerare questa tipologia di oneri?
Il momento ideale per calcolare ed imputare gli oneri figurativi è in fase di redazione del Budget (leggi cos’è il budget), ovvero quando si ragiona sui risultati attesi per l’anno successivo.
Se non si conoscono e non si considerano i costi figurativi, non è possibile calcolare quale dovrà essere la redditività aziendale tale da remunerare adeguatamente le risorse impegnate.
E’ in questa fase quindi che bisogna fare mente locale su tutti questi costi e considerarli per evitare che queste risorse vengano considerati del tutto gratuite (e non remunerate).
In che modo vanno calcolati i costi figurativi?
Il criterio più logico ed utilizzato è sicuramente quello di definire un controvalore di mercato, ovvero d’individuare quindi il costo di acquisto di quel bene o servizio.
Come anticipato i processi contabili tradizionali non sono adatti a questo scopo, ecco perché occorre utilizzare altri strumenti più adatti come il Controllo di Gestione.
Attenzione! Non confondere gli oneri figurativi con la contribuzione figurativa!
Gli oneri figurativi non vanno confusi con quelli che vengono definiti “contributi figurativi“. Questi ultimi, infatti, riguardano i “lavoratori” dipendenti (pubblici o privati) che, per poter svolgere una carica elettiva pubblica o sindacale, richiedono un periodo di aspettativa non retribuita dal lavoro.
Questi contributi, insieme a quelli obbligatori versati durante l’attività lavorativa, formano e incrementano l’importo della pensione di questi lavoratori. E’ evidente quindi che non vi è alcun nesso con l’attività imprenditoriale..